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Return to Forever IV – live!

Posted By: dario On:


Ieri sera ho assistito a uno straordinario concerto dello storico gruppo jazz rock Return to Forever fondato dal pianista Chick Corea negli anni ’70.

Lo scenario era incantevole: nel porto turistico di Sant Feliu de Guíxols, una delle perle della Costa Brava in Catalunya, è stato allestito un teatro all’aria aperta per ospitare il Festival de la Porta Ferrada che conta con un cartellone eccezionale con artisti quali Bryan Ferry, Gilberto Gil, Ludovico Einaudi, Cyndi Lauper

E lo spettacolo è stato a dir poco incredibile. Insieme a Corea sul palco c’era la sessione ritmica dei Return to Forever degli anni ’70, ovvero il batterista Lenny White (già con il pianista anche nel leggendario “Bitches Brew” di Miles Davis, album seminale del genere) e il bassista Stanley Clarke, più due ospiti speciali, il chitarrista Frank Gambale, già “enfant prodige” della Chick Corea Elektric Orchestra negli anni ’80, e il virtuoso violinista francese Jean-Luc Ponty, già membro della Mahavishnu Orchestra di John MacLaughlin in uno dei suoi numerosissimi progetti nel corso della sua lunga carriera.

La proposta di Return to Forever IV ha alternato brani classici della formazione che ebbe in Romantic Warrior il suo maggior successo commerciale nel 1976, a composizioni più recenti tratte dalle carriere soliste dei cinque musicisti.

L’esecuzione dei brani è stata elettrizzante: le partiture indiavolate suonavano naturali nelle mani dei cinque maestri che hanno dimostrato che è possibile suonare rock e jazz ipertecnico senza perdere spontaneità e calore, rendendo il concerto non un vuoto esercizio di virtuosismo, ma un’esperienza unica e coinvolgente.

Perché il virtuosismo senza la componente emozionale trasforma la musica da esperienza artistica a puro esercizio ginnico… e certamente molti giovani fenomeni del prog e del jazz attuale hanno tanto da imparare da questi “vecchi” fenomeni.

Certamente mi ha fatto un certo effetto vedere Frank Gambale, che nella band occupa il posto che negli anni ’70 fu di un certo Al Di Meola, in una posizione un po’ defilata; tuttavia il concerto di ieri non era un concerto per guitar hero, ma una grande esibizione in puro spirito jazz in cui tutti gli strumentisti si alternavano al centro della scena… e comunque il buon Frank ha regalato alla platea un paio di assoli in sweep picking, suo marchio di fabbrica, per cui è considerato unanimemente uno dei chitarristi elettrici migliori del mondo.

White ha fornito il supporto ritmico in maniera efficace ed equilibrata, ma mai banale, abbandonandosi solo un paio di volte a improvvisazioni virtuosistiche di grande difficoltà.

Ponty ha dimostrato perché è considerato uno dei violinisti moderni più influenti e importanti, attraverso le sonorità che durante la sua carriera hanno definito il violino elettrico. Divertente il suo intervento in cui ricordava che negli anni ’70 era nel gruppo “rivale” Mahavishnu Orchestra, che insieme agli stessi Return to Forever e ai Weather Report di Zawinul e Pastorius dominavano il panorama jazz rock mondiale, ma che tutti erano soprattutto grandi appassionati di buona musica e che allora come oggi è per lui assolutamente naturale collaborare con gli altri.

Chick Corea è sempre il Gran Maestro di cerimonie: come sempre ha sfoggiato una musicalità straordinaria ripartita tra piano acustico, Rhodes e synth, sempre alla ricerca della soluzione esteticamente migliore e mai cedendo al virtuosismo fine a se stesso, ma sempre funzionale alternativamente alla melodia e all’armonia. Particolarmente apprezzata è stata anche la sua innata simpatia che ha conquistato il pubblico, che ha addirittura duettato con il maestro in un divertente botta e risposta con il suo Rhodes.

Tuttavia il protagonista della serata è stato probabilmente Stanley Clarke. Un autentico funambolo sia sul basso elettrico che sul contrabasso, che ha deliziato il pubblico con un repertorio tecnico che ha praticamente coperto l’intera gamma espressiva dei due strumenti: il basso diventava senza soluzione di continuità strumento di accompagnamento, strumento percussivo, tappeto di accordi, strumento solista… Clarke è stato il vero motore del concerto, trascinando i suoi compagni e infiammando il pubblico con virtuosismi incredibili e sbalorditivi. Una presenza scenica e fisica imponente che ha dimostrato a chi non lo aveva mai visto dal vivo (come chi scrive) perché sin dalla prima edizione della band era considerato una delle maggiori influenze del basso moderno ancora prima di Jaco Pastorius. Sicuramente il miglior bassista che personalmente ho mai avuto la fortuna di vedere dal vivo.

Insomma un concerto bellissimo ed emozionante. L’unica nota negativa della serata è stata la scarsa partecipazione di pubblico: l’improvvisato teatro all’aperto era pieno solo a metà ed è davvero un peccato. Certo che la collocazione logistica e temporale (un giovedì sera in una cittadina a circa due ore di macchina da Barcellona) non hanno aiutato, ma lascia sempre perplesso vedere stadi pieni per vedere le Shakira e le Lady Gaga di turno (con tutto il rispetto), mentre solo poche centinaia di spettatori nell’unica data spagnola di una band costituita da cinque tra i migliori musicisti del mondo nei rispettivi strumenti… Purtroppo però non è una novità e anche il buon vecchio Chick davanti a questa circostanza farebbe spallucce e ci regalerebbe solo un altro sorriso.


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