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Reset su HamelinProg

Posted By: dario On:


Bellissima recensione di Reset scritta da Alex Ruggi su HamelinProg!!!

Gli Ifsounds ripartono da Reset, album che sancisce un vero e proprio “resettaggio” del progetto molisano. Il desiderio di donare nuova linfa al gruppo è di Dario Lastella (chitarre, tastiere, synth, voce), rientrato dopo diversi anni in Italia. La sua idea, purtroppo, non trova sostegno in 3/5 della band, eccezion fatta per Claudio Lapenna (piano acustico ed elettrico, tastiere, organo, voce), ed ha quindi inizio il lavoro di “ricostruzione” che porta alla scelta di Fabio De Libertis (basso), Gianni Manariti (batteria, percussioni, voce) e Runal (al secolo Pierluca De Liberato, voce solista).

Dietro al titolo Reset, però, c’è qualcosa di più profondo, che va oltre la riformulazione della band. È lo stesso Lastella ad affermarlo nell’intervista rilasciata ad Athos Enrile: E’ il Reset di Ifsounds, una band profondamente rinnovata nella formazione e nelle sonorità. E’ la descrizione del Reset personale, che spesso avviene quando meno ce lo aspettiamo. E’ il Reset della mia vita personale, che ha subito grandissimi cambiamenti negli ultimi due anni e che in ultima istanza è stato l’ispirazione principale dei testi del nostro lavoro.

C’è veramente “tanta roba” nel nuovo lavoro degli Ifsounds, pubblicato contemporaneamente nella doppia versione con testi in italiano e in inglese. Nel suo apparato fatto di suoni diretti e granitici trova spazio anche la delicatezza di alcuni momenti che non stridono affatto col resto. La proposta del quintetto si rivela un caleidoscopio di generi, influenze e sensazioni, ricco di dettagli e sfumature. Ed è anche la voce calda ed estremamente espressiva di Runal (uno degli elementi che più separa i nuovi Ifsounds dagli ultimi caratterizzati dalle voci femminili) a donare quel qualcosa in più all’opera, è lui che rende “palpabile” il dolore, la disillusione che è presente nei testi di Lastella.

Anche l’immagine di copertina, realizzata da Fabienne Di Girolamo, offre il suo punto di vista sul concetto di “reset” raffigurandolo come un vortice che tutto risucchia: la musica, le persone, la vita.

Da non dimenticare la presenza in qualità di ospiti di Alessandra Santovito, Francesco Forgione e Alessandro Pensa, ossia gli Hexperos: il suggestivo affresco di Laura è merito anche dei loro archi e del loro flauto.

When i was born again. Il brano d’apertura di Reset presenta un’indole che si muove tra l’aggressivo e il malinconico. È soprattutto Runal a guidare i due stati d’animo, dosando il suo “strumento” tra attacchi taglienti e uscite attenuate. Batteria, basso e chitarra sono quelli che più assecondano gli “sbalzi” vocali. Il finale con la pluristratificazione vocale è molto avvolgente e si avvicina ad alcune delle soluzioni degli Spock’s Beard (si veda, ad esempio, “Jaws of Heaven”).

L’episodio strumentale FR9364 (eccezion fatta per la voce filtrata che di tanto in tanto sembra ripetere i numeri 9364) si affida alla batteria e alle percussioni di Manariti che, sopratutto nella prima parte, si dimostra un rullo compressore (in seguito dà l’illusione di affievolirsi per concedere spazio agli altri protagonisti), e alle chitarre pungenti di Lastella. In alcuni casi s’inseriscono anche una tastiera eterea, la quale contrasta di netto con il clima di fondo, e il passaggio di aerei.

Una doppia anima nettamente antitetica caratterizza 40-14. La prima frazione fresca e spedita, la quale si snoda tra Ramones e The Who (con tanto di citazione di “My generation” con il verso “Talking about my generation”), lascia il campo, poco oltre i due minuti, ad un’atmosfera sinistra ed opprimente. E nelle parole scritte da Lastella troviamo il disagio giovanile nella società attuale racchiuso in un esplicito “I am a boy, i am just 40!” e il richiamo all’eterno bambino creato dalla penna di James Matthew Barrie.

Gli Ifsounds che non ti aspetti li ritrovi in Laura, una ballata dolce e struggente. La tessitura dell’incantevole arazzo sonoro è affidata agli archi e al flauto degli Hexperos che s’incastrano magicamente ai morbidi fraseggi di chitarra. I cori avvolgono armonicamente la voce un po’ graffiante di Runal, particolare il quale rende il quadro ancor più magnetico e convincente.

Riprende la marcia spedita degli Ifsounds con I’ve never hated anyone, capitolo inizialmente “bellicoso” e hard rock al 100%. I toni si fanno un po’ più pacati quando una delle chitarre mette da parte la distorsione, avvicinando il brano all’anima “tenera” dei Silverchair.

È il trasporto emotivo di Runal l’arma in più in Run away, la sua voce vive il brano e modella su di sé il mutevole apparato sonoro. È la chitarra acustica di Lastella quella che, in avvio, segue più di tutti il compagno. Poi si fa tutto più corposo grazie ai colpi netti di batteria e gli interventi rilevanti di chitarra distorta e tastiera.

Il segmento d’avvio della breve Flashback sembra una doppia citazione a quelle che sono due delle peculiarità principali degli Afterhours: l’anima “isterica”, con batteria “a mille” e chitarre tortuose (vedi brani quali “Siete proprio dei pulcini” o “Pochi istanti nella lavatrice”), e quella diluita e lisergica tipo “Terrorswing” o “Plastilina”. Poi Runal entra in scena con un tocco più vellutato del solito e si fa strada nel clima solare creato dalla band.

Anima cantautorale per Fading to blue con il cammino “simbiotico” di chitarra acustica e voce che strutturalmente potrebbe richiamare Bob Dylan e affini. Lungo la via il duo chiama a sé anche le soffici tastiere di Lapenna, prima che il tutto s’intensifichi sfociando in una sana psichedelia.

Calano le tenebre con Reset, secondo brano strumentale dell’album. Il mix di chitarre estranianti, batteria dapprima ciclica e poi sempre più emancipata, basso vibrante e tastiera space è davvero interessante e rende al meglio l’atmosfera di fondo. Col trascorrere dei minuti la chitarra cerca di farsi spazio ma viene ben presto risucchiata nel gorgo sonoro.

Si chiude rockeggiando con The tide. È il gioco di voci a rendere intrigante una prima parte dall’andatura alquanto sostenuta. Un intermezzo estraniante lancia, in seguito, la chitarra di Lastella irrobustendo il tutto.

Un plauso a Lastella (e Lapenna) per aver trovato e creduto in una “nuova via” del progetto, e ai nuovi arrivati per aver contribuito alla sua concretizzazione.


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