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An Gorta Mór su Magazzini Inesistenti

Posted By: dario On:


La musica è sicuramente passione, una passione che accomuna molte persone.
Ma la musica è anche un lavoro che richiede tempo e sacrificio. Spesso ci chiediamo perché ci impegniamo tanto. Quando poi si ha la pretesa di scrivere la propria musica, di mettere in note e versi il proprio pensiero e le proprie emozioni tutto diventa ancora più difficile.
Molti finiscono per vivere la propria passione solo a casa, in privato o tra pochi amici.
Alcuni riescono a suonare in giro, a volte con un pubblico coinvolto, altre volte facendo solo da sottofondo a gioiose bevute.
Noi ifsounds siamo molto fortunati: tanta gente in tutto il mondo ci ha dedicato il suo tempo, ha scritto recensioni parlando della nostra musica spendendo parole spesso molto belle, ci ha trasmesso in programmi radiofononici, facendoci apprezzare da un pubblico più vasto e onorandoci di spazi inimmaginabili insieme a grandissimi artisti internazionali.
Tutto questo basterebbe a rispondere alla domanda “perché continuate a suonare, a continuare ad andare in direzione così ostinata e contraria?” e tutti noi siamo profondamente grati agli amici che ascoltano, promuovono e anche criticano la nostra musica: il tempo è prezioso e dobbiamo essere profondamente riconoscenti a chiunque ci dedica il proprio tempo e la propria attenzione.
Poi arriva una recensione come quella di Gabriele Peritore aka Capitan Delirio su Magazzini Inesistenti e per chi scrive tutto assume un senso ancora più compiuto: il messaggio nella bottiglia è arrivato a un altro essere umano. La missione adesso è davvero compiuta!

Il rumore che fa una porta che si chiude alle tue spalle con violenza e… sei stato tu a sbatterla, perché anche se quella è casa tua non ci puoi più fare ritorno. Non ci vuoi fare più ritorno. Il rumore del dolore dei sogni che si infrangono, del passato che si frantuma, delle radici lacerate con disperata forza, dell’impossibilità di studiare un nuovo piano se non la fuga. Il rumore che fa la disperazione della solitudine, anche nella moltitudine di individui nelle tue stesse condizioni, il dolore che ti porti ancora addosso senza il tempo di metabolizzarlo. Il rumore che fa la paura della sopraffazione, insieme all’odore di morte che emana. Il rumore che fa l’insieme di dolori in preda al panico, in cerca di una via d’aria che permetta allo spirito di sopravvivenza di trovare uno spiraglio a cui aggrapparsi. Il rumore che può trasformarsi in suono. Il suono della speranza quando tutto sembra perduto, una scialuppa malandata in mezzo al mare, del miraggio della terra. Il suono della speranza di un futuro, non un futuro migliore, soltanto un futuro. Quando si avvera. Se non si avvera… allora si ripresenta il rumore del dolore… e in questa alternanza vive… chi è in eterna fuga, tra il rumore del dolore e il suono della speranza. Come in una grande carestia, parole che traducono la frase “An Gorta Mór”, l’ultimo progetto discografico della band molisana degli Ifsounds. La grande carestia a cui fanno riferimento è quella avvenuta in Irlanda nelXIX secolo e che si è conclusa con una enorme strage di fuggitivi e il salvataggio di pochi, molto pochi coraggiosi. Un concetto estensibile a chiunque sia in fuga dal dolore, dalla guerra, dalla disperazione, dalla fame, dalla famiglia sbagliata, e confluito in un concept album dalle atmosfere Art Rock. Perché per gli Ifsounds, guidati da Dario Lastella, questa alternanza perpetua, tra il rumore del dolore e il suono della speranza, e viceversa, è una complessa partitura Rock che si dirama in tutte le sue sfumature dal Progall’Hard, dalla Psichedelia al Folk, passando con disinvoltura, anche all’interno di uno stesso brano, da una situazione all’altra. Mostrando una eccezionale sintonia tra gli elementi della formazione e una grande voglia di comunicare e di fare musica potente. Non a caso il loro disco è prodotto dalla Melodic Revolution Records, una etichetta discografica statunitense attenta alle realtà artistiche di estrema qualità. Come è potente il messaggio che trasmettono ed è potente anche il modo di trascinare l’ascoltatore fin dalla prima traccia del concept, per sentirsi parte di questo viaggio, vivere questa alternanza di sensazioni, sentimenti, ed esplodere nel crescendo finale, sempre con il dilemma che rimane dentro… se sia più forte il rumore del dolore o il suono della speranza… o viceversa…


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